Cari amici,
in un’atmosfera davvero suggestiva AnimaminimaCONTEMPORANEA ha inaugurato, sabato scorso, la terza installazione d’arte moderna presso la Chiesa di San Biagio a Tregasio. L’artista Giovanni Ronzoni con “Terra Santa 415” ricorda la strage di 415 bambini morti a Gaza, tra il 28 dicembre 2008 e il 17 gennaio 2009. L’installazione è visitabile a tutte le ore del giorno (e della notte) fino a lunedì 8 gennaio 2018.
Di seguito riporto il testo scritto dal prof. Vittorio Raschetti, critico d’arte che affianca Felice Terrabuio e l’amministrazione comunale di Triuggio in questo originale e interessantissimo progetto.
Buona lettura.
Sante Egadi
Giardino sacrificale
Abissi nello spirito turbato da presenze in assenza. Sentieri che conducono nel baricentro del lutto sospeso, senza possibile peso, aggettanti sui corridoi aperti di dolore non rimarginato. Eco sottocutaneo esploso in inclemente detonazione morale. Inamovibile, ancora illeggibile, deflagrazione anonima di tracce rapprese.
Una strana leggerezza si insinua nell’inventario della tragedia. Una scrupolosa interpretazione della scena sacrificale, una minuziosa descrizione del disastro nell’ordine maniacale, nella precisione dell’insensato dispositivo della catastrofe.
Giovanni Ronzoni, in questa installazione, si serve della purezza della geometria, dell’enigma dell’astrazione, dell’inafferrabile della pura poesia, per allestire uno spazio evocativo di immediata chiarezza visiva senza tempo: un giardino del dolore inestinguibile. Un luogo trascendente che rende visibile l’astratta cifra indicibile del dolore senza nome. Un giardino di pietre uniche, differenti, contenenti l’anima fossile cristallizzata, negata, precocemente strappata. L’artista è perfettamente consapevole che la funzione etica della tragedia consiste nello sciogliersi in una catarsi, in una purificazione in grado di disinnescare il nichilismo intrinseco nella vita, per questo sceglie di non drammatizzare l’opera, ma piuttosto di mostrarla sotto una prospettiva metafisica, architettonica, astratta, geometrica, per sottrarla alle convenzioni chiaroscurali della tragedia e situarla in uno spazio metafisico pallido e tenue dove il tempo viene sottratto al divenire, dove l’azione non arriva ad alcuna riconciliazione, dove il dramma non si consuma ed il lutto è inestinguibile.
In transito tra spazi senza pace, entrando in un contesto insensato di fiori di piombo, respinti nell’impossibile dissolversi di macchie indelebili. Pioggia rossa conficcata nel silenzio di nomi fatti a brandelli nell’apparente disordine dei numeri: grandine di granate. Campi minati di anime disperse come corpi celesti in galassie ghiacciate. Una misteriosa serenità annidata nell’avvolgente senso di assurdità. L’equilibrio sospeso di ritmi compositivi puri, di semplici moduli geometrici che riverberano nel vuoto, sfiorando la soglia del lato perduto del mondo.
Nell’attesa di una voce al di sopra della vendetta, riemersa dal sangue e dalle inutile rivendicazioni, le anime ustionate saltellano come in una danza involontaria su un tappeto di carboni ardenti.
Non serve trattenersi nell’istante in cui nulla è ancora avvenuto, credendo di scansare la collisione con cattivi presagi.
Vittorio Raschetti