In vista dell’incontro del prossimo 15 febbraio, alle 21 nella sala consiliare del comune di Magenta su ‘biotestamento e fine vita’, riceviamo e pubblichiamo questa riflessione:
Ci sono temi che necessariamente devono essere trattati “in ginocchio”. Temi come la vita e la morte, la sofferenza e la malattia, la dignità e la libertà, l’autodeterminazione… chiedono a ciascuno di noi umiltà vera e la consapevolezza di non avere “risposte” preconfezionate, per partito preso. Sono tematiche che presuppongono serenità d’animo per poter essere “pensate” e approfondite: chiedono a ciascuno piena disponibilità a guardare le cose da ogni angolatura possibile, da prospettive diverse da quelle a cui siamo abituati nell’immediato (nb. Da qui la scelta di inserire nella locandina l’immagine di un vaso di rose… rovesciato, quasi a costringere chi sta di fronte a mettersi in una posizione non abituale per guardarlo e per metterlo a fuoco). Con questo spirito è nata in Comunità Pastorale l’idea di proporre una serata sul tema del “Biotestamento”: partendo dall’esame della nuova legge sul fine vita ci lasceremo guidare da un esperto, Don Roberto Colombo – laureato in medicina, professore di Bioetica e Antropologia – per comprendere meglio le novità introdotte dalla norma e provare ad entrare (con umiltà) nel mondo della bioetica. Insieme allo staff dell’Hospice di Magenta ed all’associazione di volontariato, che qui offre da anni il proprio servizio, l’obbiettivo è quello di suscitare domande e offrire un’ occasione di confronto, volgendo lo sguardo anche sulle cure palliative (interverrà nella serata la Dr.ssa Claudia Castiglioni, Responsabile della U.O. Cure Palliative e Terapia del Dolore dell’ ASST Ovest Milanese). La medicina in questi decenni ha sviluppato una sempre maggiore capacità terapeutica: ha reso possibile protrarre la vita in condizioni che in passato non erano neppure immaginabili. Ed in alcune di queste “condizioni”, quelle più difficili, a volte occorre un supplemento di saggezza perché, come ci ha ricordato anche il Papa (lettera alla Pontificia Accademia per la Vita – novembre 2017), oggi è insidiosa la tentazione di insistere in trattamenti certo efficaci ma che non giovano al “bene” integrale della persona. E’ il tema della rinuncia all’ “accanimento terapeutico” che ritiene moralmente lecito rinunciare all’applicazione di mezzi terapeutici o sospenderli quando il loro impiego non corrisponde alla “proporzionalità delle cure”. E’ una scelta che assume responsabilmente il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende atto di non poterlo più contrastare. “Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire” (catechismo Chiesa Cattolica n. 2278). Tutto questo non vuol dire lasciar solo l’ammalato, anzi: l’imperativo è di non abbandonarlo e la stessa norma parla di “terapia del dolore”, di “dignità nella fase finale della vita” e di “azioni di sostegno al paziente”.
Il rapporto medico-paziente viene rivalutato in un’ottica di reciproco confronto. L’autonomia decisionale del paziente e la competenza e responsabilità del medico si incontrano nel “consenso informato”, evidenziato proprio in apertura dalla norma (art. 1, 4) che si preoccupa di promuovere e valorizzare la relazione di cura tra paziente e medico. Nel suo diritto di autodeterminazione, quindi, il paziente deve essere accompagnato passo dopo passo dal medico, la cui importanza resta (deve restare) cruciale.
E le Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT)? Sono la vera novità di questa legge del testamento biologico perché sono la formalizzazione della volontà dell’ammalato in caso di futura incapacità ad esprimere le proprie volontà. Ma anche in questo caso il paziente non rimane da solo: la figura del “fiduciario” che dovrà dialogare col medico per individuare il miglior interesse del paziente interviene nel processo di presa in carico.
In questo panorama la norma inserisce il tema delle cure palliative e della terapia del dolore, garantita in tutte le situazioni in cui il paziente decide per il rifiuto o la sospensione delle terapie ma ha la necessità di essere accompagnato alleviandone le sofferenze (fisiche, psicologiche e spirituali). Si arriva a citare espressamente la “sedazione profonda e continua” nei casi di “breve termine” o “imminenza di morte”, per gli ammalati inguaribili e con sintomi refrattari ai trattamenti. Non ha nulla a che vedere con l’eutanasia perché non causa la morte e neppure ne anticipa i tempi ma permette di trascorrere l’ultimo tratto di vita in pace e senza alcun dolore.
L’argomento è complesso e non bastano poche righe per svilupparlo in tutti i suoi aspetti. Così la stessa legge non va né esaltata né criminalizzata. Va riconosciuta per quello che è, migliorabile nei suoi limiti ma vista come un passo in avanti probabilmente necessario. Resta fermo il richiamo iniziale: argomenti delicati come questi vanno affrontati con pacatezza, in modo serio e riflessivo. “Occorre tenere conto della diversità delle visioni del mondo, delle convinzioni etiche e religiose, in un clima di reciproco ascolto e accoglienza” (Papa Francesco)
Gianluca Casula