136 – TICINO (AL)
Non so quanti turbighesi sappiano che esiste anche una Via ‘Al Ticino’, la 136° della nostra storia che alcuni appassionati (pochi per la verità) vorrebbero raccogliere per far sì che non andasse perduta. Comunque, sulla pagina facebook dell’autore e sul corrierealtomilanese.com è stata pubblicata e lì rimando chi volesse rileggere qualche puntata.
PERCORSO – Da Via Alegosa, lungo il tracciato ferroviario delle Ferrovie Nord, la Via ‘Al Ticino’arriva fino al fiume e fu denominata con delibera della Giunta Municipale del 26 febbraio 1992. Precisamente la Via inizia dalla biforcazione della Via Cascinaccia Bassa e prosegue verso il sotttopasso della Ferrovia. Attraversato quest’ultimo, svolta subito a destra e costeggia parallelamente il tracciato ferroviario, passa sopra il ponte della roggia molinara e si dirige verso la Pila del Ponte Torriano in località Torraccia (nella foto). Da lì per antichi tratturi giunge fino alle acque del Ticino.
La Via fu realizzata dalle Ferrovie Nord, in ottemperanza ad una convenzione con il Comune, la quale prevedeva la chiusura del passaggio a livello, posto dopo lo stabilimento dell’ex Rossari&Varzi verso Galliate. Ciò in previsione di quel ‘raddoppio in sede’ che si fece vent’anni dopo. Quindi, la Via ‘Al Ticino’ passa accanto alla Pila del Ponte con un corollario di mattoni da 28 centimetri, fabbricati a mano (Morimondo, del XIII secolo, è stato costruito con mattoni della stessa misura) che meriterebbe di essere riscoperta, perché fissa nel tempo – insieme al castello – l’insediamenro della Signoria dei Torriani a Turbigo.
I SASSI BIANCHI – Quando il Ticino era in piena, i sassi del fondo si muovevano (e potevano far affiorare oggetti, come la ‘lama dei Celti’, della quale scriviamo più sotto) e i cercatori lanciavano i loro barconi in acqua per andare a raccattarli. Muniti del rampun riuscivano a sollevare i sassi bianchi (favàn erano detti, quelli grossi) fino al livello dell’acqua per poi introdurli nella barca con dei ditali di gomma, perché erodevano le mani. Mestiere difficilissimo quello dei cercatori di sassi, così com’era difficile governare le barche nel grande fiume.
LA PESCA. Si pescava anche di notte (adesso di pesce non c’è ne più, dicono i pescatori!): si scendeva lungo il corso del fiume con la barca posta in posizione trasversale alla corrente della rasèta (rapida del Ticino dove l’acqua è bassa e scorre velocemente) con la fiocina in una mano e la lampada nell’altra… e si colpiva!
LA LAMA DEI CELTI. Il fiume, proprio per quel che dicevamo prima, nelle piene muove i sassi di fonde e, a volte, coperchia offerte rituali di migliaia di anni fa, come la spada rinvenuta da Antonio Rialti il 27 febbraio 2017. Il giovane turbighese l’ha consegnata al Comando della Polizia Locale e, dopo un annnetto, si è saputo – anche se si rimane in attesa della relazione finale – che potrebbe essere, più o meno, dell’età dell’uomo di Similaun rivenuto ‘stecchito’ (per essere rimasto congelato per millenni) sulle Alpi al confine con l’Austria.
IL PALIFICATO. Dopo quello del ponte del 1274, recentemente C.N. ha rinvenuto un palificato ai margini del ‘Cavaoss’(foto) in dirittura con il molino del Pericolo, dove arrivava – in un tempo da definire – l’antichissima strada dl porto.
Sono tracce – la spada e il palificato – della millenaria storia del Ticino che, oltre ad aver aiutato i turbighesi a campare (la pesca, i sassi) ha memorizzato le antiche vicende che lo hanno visto protagonista.
FOTO in evidenza: il palificato affiorato ai margini del Cavaoss. Poi, nel testo, la Pila del Ponte ormai assediata dalla vegetazione (2015)