CASTELLETTO DI CUGGIONO – “La Resistenza come patrimonio del popolo italiano e non solamente di una parte”! Con queste parole Pietro Pizzoni ha messo il sigillo alla serata sul ‘Prezzo della Libertà’, svoltasi ieri a Castelletto di Cuggiono, presso ‘La Scala di Giacobbe’. Promossa dalla Fondazione ‘Candiani’ onlus, patrocinata da diversi Comuni, organizzata dal museo storico-civico di Cuggiono, la serata è stata inframmezzata da canti della Resistenza a cura del duo musicale Canale-Piccin.
L’avv. Luisa Vignati, dopo aver ricordato la recente scomparsa di Gianni Visconti, ha presentato i due relatori:
PIETRO PIZZONI figlio di Alfredo, soprannominato, il ‘Banchiere della Resistenza’, colui che ebbe l’onere di procurare i soldi necessari per mantenere in vita la lotta armata, che arrivò a costare 160 milioni di vecchie lire al mese per dar forza di sussistere a circa 90 mila partigiani!
“Io appartengo ad una generazione che è cresciuta con il culto della Madre Patria” scrisse Alfredo Pizzoni nel suo ‘Diario’ dove racconta come fu nominato presidente del ‘Comitato Finanziario’, mentre Ferruccio Parri guidava l’altra ala, quella del ‘Comitato Operativo’.
“I soldi servivano per comprare vestiario, cibo, armi e per sostenere le famiglie dei partigiani caduti (che arrivarono a costare anche 5mila lire al mese se con diversi figli! )”. E allora Alfredo Pizzoni andò a cercarli in Svizzera, dove c’erano (e ci sono ancora oggi!) molti soldi italiani.
Furono gli Alleati a mettere a disposizione i fondi attraverso le banche italiane: costò più di un miliardo e mezzo di vecchie lire la Resistenza (pari a circa 100 milioni di euro, d’oggidì), debiti che furono interamente onorati dallo Stato italiano. Ma anziché riconoscere i meriti del ‘Ministro degli Esteri della Resistenza’ (Alfredo Pizzoni era amico di Allen Dulles, direttore dell’Oss in Europa, poi Cia, e fu anche per questa ragione che riuscì ad ottenere i finanziamenti) il 27 aprile 1945 fu licenziato. I ‘compagni’, quella parte che voleva impossessarsi del valore della Resistenza, non voleva far sapere al popolo italiano che era stato un borghese, figlio di un generale, a tirare le fila nei momenti difficili! E’ la ragione per cui il 25 aprile non è ancora condiviso da tutti gli italiani!
ALBERTO TURINETTI DI PRIERO ha spiegato le ragioni per cui il Ticino avrebbe dovuto diventare una sorta di ‘seconda linea gotica’ per i tedeschi, per cui si fecero interventi sule sponde del fiume per realizzare una linea di Resistenza estrema che, però, non fu utilizzata per questioni di tempo. Il 75° Corpo d’Armata tedesco (40mila soldati) dal Piemonte doveva arrivare sulle sponde del Ticino e fu una fortuna che non vi riuscì, vista la scia di morte che accompagnò i suoi spostamenti (Santhia 42 morti, Grugliasco 70 morti). Infine, è stato ricordato quali fossero le tre formazioni tedesche che, alla fine dell’aprile 1945, transitarono nel nostro territorio: 1 – la colonna del capitano ‘Stamm’ che si scontrò ad Inveruno e si arrese a Novara; quella del colonnello Smaller, comandante dell’aeroporto di Cameri che si suicidò a Busto Arsizio; la brigata nera ‘Ravenna’ (159 uomini guidati da Pietro Montanari, segretario federale di Ravenna) che si arrese a Turbigo e fu consegnata ai partigiani di Busto Arsizio (parecchi brigatisti, poi, furono prelevati e fucilati).
Alfredo Pizzoni morì nel 1958. Nel suo testamento lasciò scritto che le sue memorie fossero pubblicate dopo 25 anni. Un tempo troppo lungo, tant’è che i figli ebbero difficoltà a trovare un editore, nonostante la presentazione dello storico Renzo De Felice. Nel 2014 è stata posta una lapide in suo ricordo.
FOTO Nell’immagine in evidenza, al centro Luisa Vignati, alla sua sinistra Pietro Pizzoni, dietro Alberto Turinetti di Priero. Le altre immagini sono tratte dal fascicoletto distribuito nell’occasione.