Quando arriviamo alla chiesa di San Tommaso a Mostar la messa è iniziata da poco. Vediamo dei ragazzi che si affrettano perché sono in ritardo. Don Krešo Puljić è il parroco ed è stato per dieci anni direttore della Caritas di Mostar. Si occupava di ricevere gli aiuti durante il periodo terribile della guerra. Finita la messa ci incontra. Si conoscono Don Krešo e Francesco Maria Bienati fin dal tempo della guerra. Scherza Don Krešo. “Nessuno voleva San Tommaso, questo bravo santo e questa chiesa è l’unica a lui dedicata in tutta la Bosnia Erzegovina. Dal 1500 siamo stati sempre sotto occupazione, siamo una terra martoriata”.
Una chiesa bella, soprattutto per la gente che la frequenta. Ci sono bambini, ragazze, ragazzi e anziani. La gente partecipa con il cuore. Lo abbiamo notato nella chiesa di Don Krešo. “Noi storicamente abbiamo vissuto sempre sotto vari occupatori atei. Noi siamo terra di nessuno. Il nostro paese è stato fondato da massacri su occupazioni. Dagli accordi di Dayton del 1995 ad oggi abbiamo tante cose ingiuste che ancora non vanno. Non c’è un centimetro di questa terra dove non sia stato versato sangue. Siamo la terra dei martiri. Ma abbiamo anche 15mila studenti a Mostar; ragazzi fantastici”.
Domenica c’è la prima comunione e i bambini si stanno preparando. Provano il vestito per le foto che immortaleranno il solenne momento. Chiediamo a Don Krešo come sono i rapporti con le altre confessioni religiose. Mostar è una città dove le chiese sorgono accanto alle moschee. “Prima della guerra i rapporti sono stati corretti. Con i musulmani parliamo di dialogo, con gli Ortodossi parliamo di ecumenismo. Anche oggi non vedo grandi difficoltà. Poco tempo fa sono stato alla messa ortodossa. Purtroppo lo sappiamo tutti, la guerra ha lasciato traumi e ingiustizie. Come ci sono i segni delle granate sui palazzi, così ci sono i segni nei cuori della gente. Ma ve lo garantisco. Non ho mai sentito dai miei bambini una frase contro i musulmani. Mai una parola di odio. Quando confessiamo noi preti cattolici non sentiamo mai odio. Appena dopo la guerra qualcosa c’era. Ma per noi vale il messaggio più importante. Cristo ha portato questa bellezza che si chiama perdono e ha detto ‘amate i vostri nemici’. Questa è la forza del Vangelo e dei nostri Sacramenti. Qui vengono il 50 per cento dei giovani. La domenica sera a messa ci sono 500 giovani. I confini, la politica, le ingiustizie, sono la cosa brutta. Ma dall’altra parte abbiamo i bambini con il cuore pulito, vero. Non sono in grado di odiare. Per questo serve il nostro catechismo. Se noi non amiamo tutti non abbiamo capito nulla”.
Don Krešo è un prete di frontiera. Uno che guarda dritto negli occhi della gente. Ne ha viste tante nella sua vita. “Dopo la guerra, sono stato direttore della Caritas per 10 anni. – continua – Non smetterò mai di lottare per la giustizia e per la pace. Voglio fare un auditorium per i giovani perché c’è una grande energia. Qui potranno studiare, usare internet. Se avessi i soldi farei subito due sale per gli studenti. Alcuni di loro insegnano ai ragazzi che rimangono indietro. Anche coloro che in chiesa non ci vengono sono seguiti”.
Quali sono oggi i problemi della Bosnia Erzegovina? “Qui si parla della mancanza del lavoro, della povertà, ma non si parla mai della povertà culturale. Quella che cambia la vita e aiuta a crescere”. Prima di tutto Don Krešo vuol terminare l’anfiteatro, poi penserà alla chiesa. Nessuno a Mostar offre cultura. “Secondo me non c’è culto vero, senza cultura”. Don Krešo ha vissuto 4 anni a Roma, a studiare teologia. In un periodo in cui il comunismo dominava.
“Siamo stati martiri – spiega – Non c’è nessun prete che non sia stato convocato dalla polizia per essere interrogato. Seguivano ogni nostro spostamento. Io sono stato a Belgrado come guardia di Tito e ho visto il nulla. Era un terrorista sopra ogni altro. Dopo la guerra ha massacrato la chiesa cattolica. Faceva la bella faccia davanti agli occidentali, ma era una bestia dentro”. La guerra oggi si chiama emigrazione.
Lo dice Don Krešo: “Molti vanno in Irlanda, I croati della Bosnia Erzegovina vanno all’estero. Qui manca speranza, manca la giustizia. Questo nuovo fondamentalismo islamico crea paura. Oggi abbiamo una nostra parte di terra, ma nella federazione siamo una piccola minoranza senza diritti. Per due volte i musulmani hanno scelto il nostro rappresentante in Parlamento. Oggi noi vogliamo scegliere il nostro rappresentante. Abbiamo un consiglio comunale che non funziona. Ho già vissuto queste tragedie negli anni ’60 quando mio padre emigrò in Germania. Io sono cresciuto senza papà. Mi spiace che molti dei nostri ragazzi crescano senza papà. Molti lavorano in Germania e non ci saranno domenica alla prima comunione dei loro figli. Abbiamo famiglie che tengono alla chiesa. Alla fine io dico sempre che se anche vediamo cose brutte il messaggio è che Cristo è risorto. Noi siamo energia della sua Resurrezione. Io me ne andrei subito se non avessi l’impegno di fare qualcosa di bello e positivo in questa terra di martiri. Il problema è l’ingiustizia. Qui tutti soffrono, Serbi e musulmani come noi. Mafia, ingiustizia, criminalità, corruzione. Sono presenti perché lo stato non funziona. La corruzione è nelle nostre vene. Non hanno davanti un uomo, hanno solo sé stessi e i propri interessi. Se io non sono in grado di amare ogni uomo non posso amare Gesù Cristo. E’ questa l’universalità dell’amore cristiano”.
Chi volesse aiutare Don Krešo o visitare la sua parrocchia a Mostar può rivolgersi direttamente a noi di CorriereAltomilanese.