Il caldo torrido, l’ingente umidità che si sta abbattendo sulla Pianura Padana e, in generale, su tutta la Penisola Italiana, sta provocando parecchi disagi alle varie persone che patiscono questo clima, che si presenta, ormai, da circa quattro estati a questa parte. A farne le spese, oltre agli esseri umani, è anche tutta la flora che ci circonda, in particolare, basandomi su una mia esperienza personale, i corsi d’acqua che scorrono nell’immensa zona che costituisce il Parco del Ticino. Ecco, proprio il fiume che conferisce il nome ad una delle più grandi e importanti aree naturalistiche, popolata da qualsiasi specie faunistica, sta subendo, e non poco, le ondate di calore sferrate da quest’arida estate. La quantità di acqua contenuta nel suo letto, tutto ghiaia e ciottoli, anche di medie dimensioni, si è ridotta drasticamente a causa proprio del caldo e del sole battente. La sua portata è andata a diminuire nel corso dei mesi di luglio e agosto, in cui la forte afa si è amplificata in maniera sproporzionata, portando, dunque, alla generazione di lunghi tratti di sole pietre ed alghe essicate, destinate alla scomparsa. Una landa desolata, un paesaggio che non ha nulla a che vedere con quello che appare nel periodo primaverile, in cui l’acqua sgorga e mostra il suo impeto, talvolta fatale, come già accaduto. Restano, in ogni caso, punti in cui i liquidi, seppur stagnanti, sono ancora presenti. A testimonianza di ciò che è riportato in queste righe, in copertina pubblichiamo una scatto, di pregevole fattura, che descrive il tutto. Autore di questa piccola cartolina è Enzo Salvaggio, che ringraziamo per la generosità nel fornirci la foto.