Quando un collega mi ha chiamato dandomi la notizia, quasi fosse uno scoop, immediatamente ho detto: “io questa notizia non la do, rispetto il lutto per il ragazzo e penso alla sua famiglia laggiù in Africa: lui era il loro sogno di poter vivere una vita migliore”.
Sapevo, inconsciamente, che un popolo di ignoranti avrebbe commentato la notizia, come una buona novella: “meno male uno in meno da mantenere”.
Non si scopre niente di nuovo. D’altronde creare un clima di odio, da parte di alcune forze politiche, prima o poi, porterà allo scontro fisico. Meditate gente.
Torno al povero Aboubakari, qualcuno mi fa notare che lo conoscevo, anzi l’avevo fotografato addirittura col Vicesindaco di Magenta Simone Gelli, in occasione dell’incontro con la comunità islamica.
Rapida occhiata nel mio disordinato archivio e la foto salta fuori, in primo piano con un Simone Gelli sorridente, lui in maglietta nera con la scritta rossa Atari, forse nel suo cuore sperava che avrebbe trovato un posto per pregare, quel giorno era lì con gli altri, per quel motivo, avere un posto a Magenta dove riunirsi coi propri confratelli a pregare.
Raccontare la sua storia non è necessario, è la storia di tutti i migranti: chilometri di fatiche per arrivare nel paese che hanno sognato, per anni hanno visto i bianchi nei loro paesi aiutarli, missionari, ong, onlus. Nella loro mente esiste sicuramente una frase: “se siamo aiutati qui, sicuramente la ci aiuteranno meglio”.
Poi scoprono sulla loro pelle la triste realtà che tutti noi conosciamo.
Ciao Aboubakari, nella tua breve vita hai conosciuto solo dolore, Riposa in Pace e anche se siamo di religioni diverse un Requiem te lo dedichero.
Francesco Maria Bienati
Qui il pensiero della nostra Caporedattrice Carla Rizzi
“Muore giovane chi è caro agli dei” dicevano gli antichi, perché non riuscivano ad accettare che una vita potesse spezzarsi nel fiore degli anni. La notizia della morte del ragazzo di colore beniota, morto ieri presso la comunità Vincenziana in realtà non è “una notizia” che fa cronaca, perché è morto d’infarto.
Quello che oggi attira la mia attenzione sono i commenti di alcune persone, tra le quali, purtroppo, anche concittadini e che mi impone una riflessione, che non ho voluto fare come giornalista ieri, non pubblicando, per rispetto, la notizia del decesso in accordo col mio direttore. Morire a 20anni è terribilmente ingiusto, sempre.
Ma: se sei negro e hai trascorso gli anni dell’adolescenza in un viaggio interminabile, irto di violenze, fatiche e soprusi per scappare dalla fame e dalla e povertà e raggiungere un luogo migliore in cui vivere, mentre i tuoi coetanei bianchi europei al massimo faticano in fabbrica o in palestra e usano lo smartphone per cazzeggiare sui social, mentre per te è l’unico strumento per comunicare con le tue origini; se sei negro e finalmente approdi in un luogo che sembra sicuro e ne impari la lingua per poter cercare un lavoro e ripagare tutti quelli che hanno raggranellato i soldi del tuo viaggio infernale…morire d’infarto, solo, senza che nessuno se ne accorga e possa soccorrerti, in una camera straniera, a migliaia di chilometri da tua madre…anche se sei negro, non è una morte naturale !
La morte per infarto non è naturale, come qualche ignorante razzista ha commentato, nè è naturale morire a 20 anni, e se la morte non fa differenze, alcuni vivi, di fronte alla morte, hanno l’ardire vigliacco di fare distinzioni. Souliman non era un calciatore, anche se giocava a calcio, non era un atleta, anche se aveva attraversato l’Africa a piedi, la sua morte non fa notizia perché un infarto “può capitare a tanti”. Souliman era solo un giovane negro che sperava in una vita migliore per sè e la sua famiglia e per questo suo desiderio, che accomuna tutti gli esseri umani, di qualsiasi colore, etnia, età , merita rispetto. R.I.P.
Carla Rizzi