“Doverosa premessa delle redazione di CAM: noi esponiamo sempre i fatti nella loro realtà, non vogliamo essere giudici nè influenzare le coscienze. Il messaggio pastorale alla comunità di un Prevosto, che va accolto per quello che è, va pubblicato nella sua interezza, senza pretese interpretative. Il capo spirituale di una comunità religiosa, quando parla ai fedeli, lo fa per dovere morale del suo sacerdozio e per indicare i comportamenti che questi devono tenere se vogliono seguire le indicazioni pastorali”.
La lettera di Don Giuseppe Marinoni
Miei cari,
Permettetemi di iniziare con questo affettuoso saluto, con il quale quasi settimanalmente mi rivolgo alla Comunità cristiana che vive in Magenta. Perché tutti mi siete cari. Ed è solo in nome di questo affetto che, insieme ai miei confratelli sacerdoti, alla Diaconia e ad alcuni amici della Comunità Pastorale, oso rivolgermi a tutti e a ciascuno, a quanti vivono in questa Città, a ogni donna e ogni uomo cittadini del mondo.
Diceva San Papa Paolo VI nella sua omelia del 29 settembre 1963, all’apertura della seconda sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II:
«(…) Noi guardiamo al nostro tempo e alle sue varie e contrastanti manifestazioni con immensa simpatia e con immenso desiderio di offrire agli uomini di oggi il messaggio di amicizia, di salvezza e di speranza che Cristo ha recato nel mondo: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3,17).
Lo sappia il mondo: la Chiesa guarda ad esso con profonda comprensione, con sincera ammirazione, e con schietto proposito non di conquistarlo, ma di valorizzalo; non di condannarlo, ma di confortarlo e salvarlo. (…) ».
Prendo a prestito la bellissima espressione: “con immensa simpatia …”
Vedo questa immensa simpatia nel gesto del nostro patrono san Martino, che scende dalla sua cavalcatura per farsi prossimo al povero: apre cioè il suo sguardo e si mette all’altezza del bisognoso, offrendogli la metà del suo mantello.
Questa immensa simpatia la vediamo soprattutto in Gesù: Lui, vero buon samaritano dell’umanità, che si china su di noi, prendendosi cura personalmente di ciascuno.
Con simpatia immensa guardiamo anzitutto ai più piccoli: bambini, ragazzi e adolescenti. Di loro mi colpisce, ad esempio, come riescono a vivere con molta spontaneità e naturalezza l’incontro con tutti – a scuola, negli ambienti del gioco e dello sport.
Senza essere degli ingenui o degli sprovveduti, proprio dai piccoli vorremmo imparare a superare le barriere – mi auguro non i muri – che così spesso ci dividono gli uni dagli altri.
Con immensa simpatia e affetto osservo i giovani. Anche in loro vi è molta scioltezza e capacità di tessere rapporti con tutti, senza guardare alle differenze etniche o di religione.
Mi piacerebbe qui, con umiltà, invitare i giovani che partono dalla domanda: Chi sono io? – interrogativo umano fondamentale, ma al quale spesso è difficile dare risposta – a porsi anche quest’altra domanda: Io, per chi sono? In tal modo ci si può aprire al mondo e cercare risposte che danno senso, scopo e pienezza alla nostra vita e la aprono a un futuro colmo di speranza.
Giovani, aiutate anche noi adulti a fare un passo in questa direzione, scuotete con il vostro entusiasmo la nostra rassegnazione, accendete in noi una speranza! E perdonateci, se molto spesso non siamo capaci di ascoltarvi.
Mi commuovo nel guardare gli uomini e le donne che vivono in questa nostra Città di Magenta, così bella per la sua storia e per il suo paesaggio. Qui la simpatia si fa ancora più profonda, perché diventa – secondo l’etimo della parola – capacità di soffrire insieme, vicinanza.
Penso a questi nostri giorni: noi – e mi ci metto anch’io – abbiamo paura. Non riusciamo a nasconderla, questa paura. Forse indotta, insistendo sulle notizie più inquietanti… È bene non vergognarsi di avere paura; tuttavia, non penso che l’atteggiamento della chiusura sia quello più adeguato per affrontarla. Così non vi è futuro. Così non possiamo testimoniare ai più piccoli la speranza per il domani.
Invece, se da una parte la paura è contagiosa, sappiamo che l’unità – l’intesa tra le persone, lo stare insieme – può infondere il coraggio necessario per vincerla. Questa è la strada da intraprendere e da percorrere, sempre impegnati a rendere più bella la nostra città, ad abbattere barriere, a costruire legami.
Oggi, con immensa simpatia vogliamo guardare e accogliere donne e uomini che, lasciando le loro terre – alcuni di loro ormai da molti anni – sono venuti ad abitare qui, in questa nostra terra magentina. L’essere vicini di casa, colleghi di lavoro o compagni di scuola, può diventare un’occasione per conoscersi, dialogare, ascoltarsi, per tendere una mano in segno di ospitalità, non di ostilità.
Vorremmo realmente incontrarli per comunicare loro il nostro modo di vivere e imparare a conoscere le loro tradizioni, la loro storia, le loro religioni, nella convinzione che solo dialogando si vincono le paure – la paura del diverso – per costruire qualcosa di bello e di nuovo per il futuro.
Così faremmo un passo concreto – ognuno lo deve fare – verso la vera integrazione! Ci sono esempi di come questo già succeda, tra i ragazzi che giocano insieme o tra gli studenti che si ritrovano per aiutarsi nello studio o tra adulti che collaborano nel lavoro, nell’educazione, nel campo sociale e sanitario.
Questi positivi laboratori di integrazione potrebbero incoraggiare i nostri nuovi concittadini ad avere maggiore fiducia in noi e spronarli a compiere, a loro volta, passi nella linea di una vera reciprocità, conoscendo di più la nostra bella Italia, approfondendo la sua storia, studiando anche la Costituzione della Repubblica italiana per apprezzare i valori che hanno reso grande il nostro Paese.
Con immensa simpatia voglio anch’io, imitando il nostro Arcivescovo, fare l’elogio e ringraziare tutti coloro che sono a servizio della nostra Città, a partire dalle autorità civili: la Signora Sindaco, gli amministratori comunali, tutte le forze dell’ordine; gli insegnanti impegnati nel mondo della scuola, gli operatori sanitari accanto ai malati; le sorelle consacrate, i catechisti, gli educatori dei nostri cinque oratori; i numerosi volontari nelle diverse associazioni di carità e tutto il mondo associativo. Qui non servono molte parole; l’unica parola che mi permetto di suggerire a tutti, sì, è la più semplice che la nostra mamma ci ha insegnato: GRAZIE! Grazie per quello che siete, per quello che fate. E a chi riceve da voi un aiuto, l’incoraggiamento ad imitarvi.
Da ultimo, con immensa simpatia guardiamo alla Comunità cristiana di Magenta – dico cristiana, non solo cattolica, perché il nome di Cristo accomuna molti in questa Città (ortodossi, riformati, evangelici, cattolici).
È proprio nel nome di Cristo e con la forza della sua grazia che noi possiamo essere donne e uomini di buona volontà,
che imparano dai più piccoli: “Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli” (Mt 18,3);
che trovano nei giovani un entusiasmo coinvolgente, carico di promettente speranza per il futuro;
che non sottovalutano le paure, le considerano ma aiutano a vincerle;
che rispettano le istituzioni, offrendo la propria collaborazione;
che, riscoperta l’identità della propria fede, sono capaci di un dialogo rispettoso con tutti, sanno apprezzare i valori presenti in ogni religione, si fanno incontro a ogni uomo e donna nostri fratelli.
Ora vorrei con voi sforzarmi di conoscere qualche numero, dispormi ad incontrare volti, proporre un gesto comune.
La chiarezza dei dati reali.
Un primo passo da fare è quello di contrastare la disinformazione. Sono proprio i numeri reali a parlarci che attingo dal XXVI Rapporto Immigrazione Caritas-Migrantes dell’ottobre 2017. Leggo che attualmente in Italia risiedono circa 61 milioni di persone, dei quali circa cinque di origine straniera; tra essi un milione e mezzo sono di religione musulmana e un milione e 600 mila di religione cristiana. Complessivamente quindi i residenti di origine straniera, immigrati nel nostro paese, sono attorno all’8% della popolazione e i musulmani sono poco più del 2,5%.
Altre cifre possono aiutarci ulteriormente a capire. I lavoratori stranieri in Italia producono un saldo annuo positivo per le casse dell’INPS di circa 5 miliardi di Euro l’anno, tali da mantenere oggi più di 600.000 pensionati. Gli studenti stranieri in Italia sono 814.000; senza di loro quasi tremila scuole sarebbero chiuse e migliaia di docenti non avrebbero lavoro. Alla fine del 2016 erano 571.000 in Italia le aziende condotte da lavoratori immigrati, cioè il 9,4 % di tutte le aziende italiane; e queste aziende danno lavoro anche a molti italiani.
Detto questo, non sono certamente i numeri che possono far superare paure e pregiudizi, anche se aiutano. Quindi non mi dilungo oltre, e passo dall’aritmetica dei numeri a quanto vi è di più decisivo.
L’intensità e la bellezza dei volti.
I cristiani – come ci ha insegnato Gesù – ritengono che la persona venga prima di ogni categoria e quindi mettono al primo posto, rispetto a tutte le altre considerazioni possibili, la dignità della persona umana. Si può dire che, fin dall’inizio della civiltà occidentale, questo è il loro contributo fondamentale. È così che, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, sono state scritte le pagine più nobili della nostra storia.
Quando ci troviamo di fronte a una persona – qualunque persona – guardiamo l’intensità e la bellezza del suo volto! Questo varrà più di tante domande – pur legittime, anzi, necessarie – sulla sua appartenenza, sulla sua provenienza, sulla sua condizione, sui suoi diritti, che comunque non possono essere negati o violati. Quando abbiamo davanti un essere umano che ha bisogno, è debole, ha sofferto, magari è anche minorenne, il primo passo per noi esseri umani più favoriti dalla vita, e soprattutto per chi tra di noi crede alla verità del Vangelo, è quello di attivare l’accoglienza. Il miglior antidoto per vincere la paura e prendere coscienza della realtà è di favorire l’incontro. Dall’incontro nasce la possibilità di relazioni umane vere, dignitose, liberanti. Permettetemi di sognare un mondo più bello, sempre meno ostile e sempre più ospitale, un mondo dove non ci si limita a vedere o forse a giudicare, ma, mossi da compassione come il buon samaritano, ci si rende prossimi e ci si prende cura gli uni degli altri.
La semplicità di un gesto.
Sentiamo l’urgenza che la nostra comunità magentina viva, che ritrovi un tessuto condiviso, pur nelle differenze culturali, e che non tema di riconoscere come un bene la religione nelle sue molteplici espressioni, favorendo il dialogo che si fonda sul rispetto di ogni persona umana.
Perciò la stessa simpatia ci invita ora a metterci in ascolto di ogni suggerimento o proposta che possa arricchirci. Da parte mia, vorrei proporre un gesto, a cui invitare davvero tutti: in una data da definire al più presto, un cammino per la pace, un cammino di fratellanza tra i popoli attraverso le vie della nostra Città, insieme: un momento in cui ciascuno possa pregare Dio secondo la propria espressione religiosa, per invocare sul mondo la pace e sulla nostra Città il dono di una serena e giusta convivenza.
Miei cari, l’immensa simpatia qui più volte evocata, che sempre di più deve diventare reciproca, non è semplicemente un’esortazione un po’ emotiva. È piuttosto il frutto di uno sguardo attento sulla realtà, leggendola in profondità per giungere al centro della questione, che è sempre l’incontro cuore a cuore con ogni persona capace di muovere profeticamente i nostri passi su vie di pace e di fratellanza.
Vi ho scritto a cuore aperto, con le braccia aperte per ogni possibile abbraccio, con i piedi che si affrettano verso l’incontro, con la mente desiderosa di comprendere, ovvero di capire insieme.
Sì, così vi ho scritto, perché ci credo: “Ogni uomo è mio fratello” – come più volte il Santo Papa Paolo VI ha affermato. Insieme – lo ripeto: insieme, tutti, cristiani e non cristiani – siamo chiamati, per il bene nostro e per il bene dei nostri figli, a costruire la civiltà dell’amore.
Don Giuseppe Marinoni
Prevosto di Magenta
con la Diaconia della Comunità Pastorale
Magenta, 11 novembre 2018
Festa del Santo Patrono San Martino