Non è facile spiegare cosa è la Giornata internazionale della Donna in poche righe. Al di là della retorica e degli interessi economici che ne hanno fatto una festa commerciale come tante. Incominciamo a dire che l’8 marzo non è la ” Festa della donna”, altrimenti accetteremmo di essere una categoria speciale, da salvaguardare come le balene del Baltico o i Lemuri del Madagascar. La giornata di oggi serve per ricordare a tutte e a tutti che le donne, nonostante siano la maggioranza numerica nel nostro paese e nel mondo, non sono ancora considerate alla stessa stregua degli uomini e, pur negli anni 2000, non hanno ancora ottenuto il rispetto, i diritti e le opportunità in tutti i campi del sociale al pari degli uomini.
Nel nostro Paese, come in molti paesi occidentali nel secolo scorso, grazie alle lotte femministe, sono stati raggiunti alcuni traguardi importanti, che hanno migliorato la vita e la considerazione pubblica delle donne, ma di conseguenza anche della società tutta: il diritto di voto, l’annullamento legale del delitto d’onore e del matrimonio riparatore, la trasformazione del reato di stupro in reato contro la persona, il divorzio, l’aborto legalizzato.
Negli ultimi 30 anni una sottile e strisciante cultura dell’immagine, complice la televisione, ha educato le masse ad accettare tipi steretipati di donna: giovane, gnocca, disponibile sessualmente, votata al successo a qualunque costo, oggettificata per vendere qualsiasi prodotto, dal silicone ai salumi. Nel mentre è riapparso lo stereotipo della donna-madre, casalinga o lavoratrice, ma “regina della casa” e sempre un gradino più in basso dell’uomo, marito, collega o amante che fosse.
Le giovani generazioni sono state educate a pane e veline, si sono formate sentimentalmente sui libri di Moccia e guardando “Uomini e Donne” e sessualmente su YouPorn. Le ragazze dai 15 ai 30 anni sono nate con diritti acquisiti e non si rendono conto, finchè non hanno una relazione o entrano nel mondo del lavoro, di essere considerate esseri umani di serie B, ricattabili e manipolabili in quanto donne.
Le parole femminismo e femminista, dopo 50 anni hanno ancora la connotazione dispregiativa di fine ottocento e la maggior parte delle giovani generazioni non sa neanche cosa significhino.
Abbiamo chiesto a Simona Sforza, blogger, femminista e attivista per i diritti delle donne di spiegarcele:
“L’ostilità con cui oggi viene accolta la parola o chi la incarna non è recente, le streghe, le femministe hanno sempre dovuto smontare stereotipi e pregiudizi negativi che gli sono stati appiccicati addosso e che hanno trovato terreno fertile in società impregnate di patriarcato da secoli e difficilmente disposte a cambiare. Oggi, come ieri, essere femminista è innanzitutto accorgersi e prendere consapevolezza della propria condizione e di come il proprio genere rechi con sé una serie di conseguenze. Non solamente in termini di discriminazioni, ma di potenzialità e di visioni originali, capacità di interpretare i fenomeni e le relazioni. Senza il femminismo non avremmo avuto coscienza e non avremmo potuto iniziare a lottare per cambiare un assetto che ci mostra tutti i suoi limiti. Essere femministe per ognuna è differente, ma in primis è imparare a saper ascoltare se stesse, le altre, anche i messaggi del linguaggio non verbale. È abbracciare un atteggiamento empatico e di rispetto dell’altro/a. Donne si diventa, non dimentichiamolo mai. I cromosomi e un po’ di etichette da femminismo glam non sono sufficienti per sbarazzarci di un modello maschile e maschilista nel quale tutti e tutte siamo immersi/e dalla nascita. Facile assumere le abitudini e gli atteggiamenti del potere maschile, tanto da riuscire ad adoperarli con disinvoltura e a volte inconsapevolmente. Automatismi che fiaccano il femminismo, che ha compreso da un lato la necessità di un approccio intersezionale alle discriminazioni, ma che spesso fa fatica a costruire anche sulle cose che dovrebbero essere più semplici, sulle priorità che dovrebbero unirci. Si tratta di un work in progress, siamo veramente all’inizio del lavoro, essenzialmente sulla cultura. Tutto è ancora così recente se ci soffermiamo a pensare per quanti secoli le donne sono state subordinate, senza diritto di parola e di azione autnoma. Ciò che è il femminismo oggi è soprattutto viverlo in modo sincero, nelle piccole cose del quotidiano, nei semini che ci lasciamo dietro al nostro passaggio, contaminando di differenza ogni contesto e ambiente, senza timori reverenziali. Consapevoli che il cammino è lungo, ma che c’è un lavoro di passaggio di testimone da compiere, con le giovani generazioni. Dare valore a se stesse e riconoscersi valore, il primo passo, da coltivare sin da piccole. Fondamentale sapere da dove vengono i diritti che oggi le donne hanno e soprattutto quanta fatica sono costati.”
Detto ciò: BUON 8 MARZO A TUTTE LE DONNE !!!
Copertina e immagini di Anarkikka