All’interno degli interventi per rendere navigabile il Naviglio Grande (idrovia Locarno-Milano), nei giorni scorsi è stata letteralmente ‘strappata’ dall’alveo del canale la struttura metallica che da un secolo era lì pronta a sostenere i parconcelli per realizzare l’asciutta a valle del canale (vedere foto).
Tutto ciò in una località antica, un tempo chiamata ‘La Bettola’ che fu sempre unita al feudo di Cassano Magnago, nonostante facesse parte del territorio turbighese. Risulta, infatti (Giuseppe Benaglio, ‘Elenco delle famiglie del Dominio di Milano’, 1714) che, Giulio Visconti Borromeo è feudatario di Cassano Magnago e della ‘Bettola’ di Turbigo. Ciò dal 17 dicembre 1698. Prima di lui, il 22 aprile 1534, sono ricordati come feudatari Ottavio, Gian Battista, Paolo Camillo, Gaspare e Lodovico Visconti. Solamente nel Catasto del Settecento (cosiddetto di ‘Maria Teresa’) appare, come proprietario della ‘Bettola’, il marchese Fagnani, già feudatario di Robecchetto con Induno.
LA BETTOLA – Era un’intersezione nevralgica la ‘Bettola’ (tra il Naviglio e la strada del Porto) e comprendeva l’area a monte e a valle del ponte secentesco sul canale, sul quale transitava la strada che conduceva al porto di Turbigo-Galliate, che permetteva di passare dal Lombardo-Veneto al Regno Sardo. Ragion per cui l’area era piena di ‘bettole’ (famosa l’osteria al ‘Segno dell’Annunciata’ di antica proprietà dei Landi) al servizio dei passeggeri che transitavano sui barconi, ma anche dei viaggiatori che proseguivano verso Nord.
Tra le tante devastazione causate dalle due trombe d’aria che hanno investito il paese nell’agosto 2013 c’è stata anche la definitiva spogliazione (è rimasto solo lo scheletro del porticato) di quella che fu la Dogana turbighese, posta sulla famosa ‘strada del Porto’ (attualmente Via Roma) che separava il Piemonte dal Lombardo-Veneto. Un ‘monumento’ che segnalava come il paese fosse sempre stato una zona di transito, sin dall’epoca romana, come ci suggerisce la presenza storicizzata di ben due strade romane: la Como-Novara e la Milano-Novara.
LA DOGANA AUSTRIACA – In tempi recenti, alla fine del Settecento, in esecuzione della Legge Daziaria, gli uffici di confine con gli Stati Sardi furono nuovamente determinati e fu istituita la ‘Ricevitoria’ di Turbigo. Dalla ‘Guida Statistica della Provincia di Milano’ (Milano, 1854) sappiamo che alla Dogana di Turbigo erano impiegati: Carlo Porta (ricevitore); Giovanni Faccioli (controllore); Luigi Mauri (assistente); Caronne Carino (assistente al posto d’avviso). Il complesso doganale gestiva anche un impianto di pesatura, realizzato in beole di serizzo e finiture in granito rosa di Baveno (alcuni pezzi, ancora esistenti in loco, delimitano attualmente la Via Roma), ‘pesa pubblica’ che affiorò al tempo degli scavi per il metanodotto in paese (1960) e fu maldestramente fatta a pezzi. L’impianto di pesatura era sotteso a un secolare platano che fu abbattuto anch’esso al tempo del raddoppio del ponte sul Naviglio Grande (1970).