SCRIVE ACHILLE COLOMBO CLERICI: Giunge più di una sorpresa dall’indagine sul risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani di Intesa SanPaolo in collaborazione con il Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi: resuscita il ceto medio, la casa rimane l’investimento preferito, la diseguaglianza economica si riduce.
Innanzitutto i dati. Un milione e trecentomila famiglie sono rientrate a far parte del ceto medio o vi sono entrate per la prima volta, riallargandolo dopo il record storico negativo raggiunto nel 2013 quando solo il 39% delle persone riusciva a risparmiare. Ora i risparmiatori (52%) superano di nuovo i non risparmiatori (48%) e la percentuale di quanto si accantona tocca il 12,6%, massimo storico, delle entrate.
Gli italiani continuano a resistere alle sirene della finanza mantenendo la casa al primo posto quale destinazione del risparmio. E continuano a investire nel mattone nonostante il 63% del patrimonio sia già rappresentato da immobili: il 57% ha ristrutturato la casa o un altro immobile.
Anche la disuguaglianza è meno accentuata che nel resto d’Europa: il 10% degli italiani più benestanti detiene il 42,8% della ricchezza netta complessiva, percentuale che in Germania sale al 59,8%, a prescindere dal record disuguaglianza della Gran Bretagna. E ancora. I redditi da attività professionale e da lavoro dipendente sono aumentati; negli ultimi tre anni i bilanci delle famiglie hanno riacquistato parte della prosperità perduta durante la lunga crisi.
La percentuale di coloro che ritengono sufficiente il reddito per sostenere il tenore di vita corrente sale nel 2019 al 69% degli intervistati, massimo storico del decennio.
Nonostante la base produttiva dell’economia stia rallentando, i bilanci familiari sono simili al colore roseo dell’alba (parliamo sempre di media statistica). I primi a notare come l’Italia sia ben lontana dal baratro, come profetizzano alcuni, sono stati i signori dello spread che hanno portato l’asticella sotto i 200 punti.
Ho sempre sostenuto, in buona compagnia d’altronde, che la ripartenza del Paese poggia sulla fiducia dei suoi cittadini e delle sue imprese. Se la politica riuscisse a convincerli ad utilizzare, per spese e investimenti, anche soltanto una parte dei 1.400 miliardi di euro di risparmi inattivi nei conti correnti, potremmo forse assistere ad un nuovo minimiracolo economico italiano.
D’altronde, nelle emergenze, riusciamo sempre a stupire positivamente i consoci europei.
E’ questa la forza dello zoccolo duro socio/economico del Paese che poggia su una impalcatura di cultura, tradizioni, valori etici dei quali la famiglia e’ stata il vero storico motore, come centro di vita sociale ed economica.