MILANO – Phon, frullatori, telecomandi e mouse non più funzionanti possono dare un importante contributo all’economia circolare. La plastica contenuta in questi rifiuti e nei rifiuti elettronici (RAEE) di piccole dimensioni può infatti dare ancora molto all’ambiente e ai processi di sostenibilità: è possibile aumentarne le quantità inviate a riciclo e migliorarne la qualità. Sono questi i principali risultati cui è approdato il progetto sviluppato dal consorzio Ecolight, dal dipartimento di Ingegneria meccanica e industriale dell’Università di Brescia e da Stena Recycling, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, e che è stato presentato venerdì 31 gennaio a Milano nel convegno “L’economia circolare nei rifiuti elettronici: il miglioramento del recupero delle plastiche nei RAEE”.
Il contesto – Nei due anni di ricerca sono state prese in considerazione le plastiche contenute nei piccoli elettrodomestici e nell’elettronica di consumo; una categoria di RAEE indicata come il raggruppamento R4 che è in grande crescita (l’anno scorso la raccolta è aumentata di oltre il 15% rispetto al 2018) e che, in peso, è composta per il 30% proprio da plastica. Si tratta di una frazione caratterizzata essenzialmente da due elementi: la molteplicità di polimeri utilizzati e la presenza di plastiche con ritardanti di fiamma bromurati. A differenza delle altre, queste ultime non possono essere avviate a recupero di materia: il loro destino è l’incenerimento. Partendo da questo quadro, l’obiettivo che consorzio Ecolight, Università di Brescia e Stena Recycling si sono posti è stato quello di individuare nuove tecnologie che potessero migliorare i processi di separazione, consentendo così di potenziare l’apporto del trattamento dei rifiuti elettronici – e di tutta la filiera RAEE – all’economia circolare.
Il progetto – I piccoli RAEE sono stati sottoposti al processo di trattamento previsto dagli impianti di Stena Recycling che prevede una prima fase con l’apertura dei singoli rifiuti, la rimozione delle componenti pericolose e critiche (condensatori e batterie) e la separazione delle componenti plastiche da quelle ferrose e non ferrose. Nella seconda fase, attraverso flottazione, con il passaggio in due differenti vasche sono state separate le plastiche con ritardanti di fiamma bromurati (dette plastiche pesanti) da quelle senza ritardanti (plastiche leggere) e dai metalli. Sulle frazioni ottenute in ogni singola fase sono state condotte ulteriori ricerche volte all’analisi dei materiali via via ottenuti e al miglioramento dei processi.
I risultati – Gli obiettivi sono stati raggiunti. Innanzitutto il progetto ha permesso di migliorare i processi di trattamento e selezione delle plastiche contenute nei piccoli RAEE (R4) sotto i profili quantitativi e qualitativi. Grazie alle nuove soluzioni adottate, è infatti aumentata la frazione di plastica leggera che può essere destinata a recupero di materia. Se rapportato ai dati di raccolta nazionale del 2019, l’incremento porta a oltre 17.200 le tonnellate totali di plastica che si possono recuperare dai piccoli RAEE; questa plastica, opportunamente lavorata, per le caratteristiche riscontrate potrà essere impiegata per la costruzione di alcune parti di apparecchiature elettriche, ma anche nella fabbricazione di panchine, appendiabiti e vasi. A questo aumento è corrisposta anche una speculare diminuzione della plastica pesante, non riciclabile e destinata a distruzione termica. Sotto il profilo della qualità dei materiali ottenuti, significativo è stato il calo (-10%) degli scarti nelle due frazioni che vengono inviate a recupero, ovvero la plastica leggera e i metalli. Questo significa una potenziale miglior collocabilità del prodotto sul mercato dei materiali recuperati. Una miglior regolamentazione in materia aiuterebbe a sfruttare queste potenzialità.