TURBIGO – Era nato a Treviglio il 17 giugno 1921 e con la sua famiglia arrivò a Turbigo nel 1923. Aveva solo due anni. Come tutti i bergamaschi suo padre era un bravo muratore che lavorò alla costruzione del pronao della nuova chiesa parrocchiale inaugurata nel 1936. Trascorse infanzia e adolescenza nella ‘Corte Fabbrica’ (situata in quella che oggi è chiamata piazza ‘Madonna della Luna’), luogo abitato prevalentemente dai tanti immigrati bergamaschi che arrivavano a Turbigo nel primo dopoguerra per lavorare. Il paese si stava industrializzando. C’erano già il Cotonificio Valle Ticino (dove il dg era un bergamasco), la Rossari&Varzi e innumerevoli concerie e officine che fecero diventare Turbigo ‘la valle dei milioni’. Si mangiava polenta tutti i giorni in Casa Solivardi, in salse diverse, ma sempre con ‘la tovaglia sulla tavola’, diceva con tono orgoglioso la sua mamma. La vena artistica del figliolo si sviluppò già in età giovanile: imparò a suonare la fisarmonica, incominciò a dipingere costruendosi i pennelli con ciuffi di capelli tagliati a suo fratello ‘Izio’.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale ricevette la cartolina ‘rosa’. Nel 1941 partì per la guerra e, dopo un periodo di addestramento, con un contingente di Bersaglieri venne inviato in Sicilia. Il compito era quello di sorvegliare la costa sud dell’isola e, in particolare, la punta sud-orientale: Pozzallo, Pachino, Punta Capo Passero. La ‘prova del fuoco’ arrivò il 10 luglio 1943 quando, all’alba, in turno di guardia, vide l’immagine sfocata dello spiegamento delle Forze Alleate in mare che coprivano a 180° l’orizzonte: allarme, fuoco di obici, lanciafiamme, armi leggere non fermarono l’invasione della Sicilia. Fatto subito prigioniero venne trasferito nel Nord Africa in un campo di concentramento dove rimase per due anni come internato militare.
Al ritorno in paese i ‘Romagnoli’, così era il soprannome (perché la madre di Ermanno era romana, nata ad Ustica), si trasferirono nel ’49 nel palazzo De Cristoforis abitando l’appartamento che guarda verso il Naviglio (attualmente occupato dall’ufficio del Segretario Comunale). Si sposò ed ebbe tre figli (Paolo, classe 1947; Mauro e Massimo) continuando a lavorare in conceria (in seguito si specializzò nella Rifinizione delle pelli e si mise in proprio in una fabbrica all’Arbusta). Coltivò sempre la sua vena artistica che si concretizzò, negli anni del miracolo economico, nella realizzazione di spade, scudi, elmi, corazze per rappresentazioni teatrali, rigorosamente in legno e cartapesta. E ancora mascheroni per carri di carnevale, addobbi e teloni dipinti per feste patronali. Dotato di un particolare talento che si manifestava con una manualità e un ingegno fuori dal comune, sono sue le maschere della ‘Gioebia’ che hanno dato forma e corpo a tante manifestazioni ludiche del XXI secolo.
Il progetto della cappella dedicata alla Madonna, sulla parete a sinistra entrando nella chiesa sussidiaria è firmato Ermanno Solivardi e realizzato da Eutizio Solivardi, recentemente rivisitato dal professor Cagelli (2020).
Ermanno Solivardi è stato per un decennio presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci ed è stata sua l’idea di ricordare, con un manifesto murario, le benemerenze combattentistiche in occasione della morte dei soci dell’associazione.
In sua memoria è sorto il Museo Storico turbighese di Via Roma (ex palazzo municipale, aperto la domenica mattina), gestito dall’Associazione ‘3 giugno 1859’, presieduta da suo nipote. Infatti, fu lui a scoprire, su un soffitto a cassettoni del negozio di ciclista posto all’angolo tra Via Fredda e Via Matteotti, un pannello sul quale era disegnato egregiamente un ‘turcos’, primo documento concreto del combattimento di Turbigo avvenuto il 3 giugno 1859 nel territorio comunale. Un cimelio che diede motivo a chi scrive di approfondire la vicenda storica aiutato dalla cronaca della stessa scritta dal parroco Bossi (1844-1891). Per i meriti acquisiti nella sua lunga vita, nel 2005, a Ermanno Solivardi gli fu conferito il prestigioso riconoscimento civico turbighese.