“L’impronta del Novecento sulla riva magra del Ticino è rimasta nelle opere degli artisti che hanno vissuto il secolo breve e colto l’animo delle generazioni, le loro occupazioni, i loro giochi, senza tralasciare il paesaggio. Sono loro, gli artisti, che hanno lanciato nel futuro il nostro passato”.
Lo avevamo scritto nel libretto pubblicato in occasione della mostra che Giancarlo Colli fece a Turbigo nel 2018 per la cui realizzazione ci volle accanto. Meravigliò che un ‘ragazzo’ del ’31 avesse ancora voglia di allestire una mostra ed è stata proprio questa determinazione che ci spinse ad andare a trovarlo ad Inveruno all’inizio del marzo 2018. Proprio in tale incontro l’artista ricordò la Turbigo degli Anni Cinquanta, un mondo perduto che ci invitò a illustrare come ouverture della sua mostra che fu presentata attraverso un quadro ‘appeso’ nella memoria di chi scrive. Si trattava di un angolo di Malvaglio del 1950, con le lampade a bandiera che illuminavano la strada. E’ stata la prima immagine che ci era venuta in mente quando Colli ci chiamò e poi proprio lui volle utilizzarla come biglietto d’invito. Ma il regalo più grande lo fece a posteriori: ci diede il cartone del quadro che tanto ci piaceva… incorniciato, che da allora campeggia nella nostra sala.
I CICLI PITTORICI
I nostri cimiteri sono dei musei a cielo aperto! Giancarlo Colli ha lasciato grandi composizioni murali in diversi camposanti: Inveruno, Malvaglio, Magenta, Montechiarugolo (Emilia). L’ultima sua opera vitrea La Deposizione è stata inaugurata al cimitero di Inveruno solamente qualche giorno fa dal Sindaco. ll lavoro completava il trittico sacro andando ad aggiungersi alla Crocifissione (1994) e alla Resurrezione (2016).
Nella sua lunga vita di artista, ci sono state tante stagioni che si sono trasformate in cicli pittorici: il mondo dello sport (ciclismo, calcio), la politica, il sacro e il profano… Sue opere sono negli androni dei palazzi (come a Turbigo, in Via Gramsci all’Arbusta), in diversi cimiteri come abbiamo detto e, mentre dipingeva, trovava anche il tempo di insegnare nelle scuole pubbliche dell’Altomilanese.
Il 26 marzo 2018 siamo andati per cimiteri con Lui (e l’assessore alla Cultura turbighese, Marzia Artusi) che ci ha mostrato le sue opere. E’ stato una sorta di ‘viaggio della memoria’: Colli ha ricordato il suo paese, Malvaglio, dove, ancora durante il Ventennio, i giovani scendevano dalla Zamborla, allora acciottolata (dove adesso è stata realizzata la ‘Variante Esterna’ che attraversa la costa ‘Turbigina’), e correvano verso la stazione ferroviaria turbighese per recarsi a scuola a Novara. E poi ha continuato, con entusiasmo, a raccontare della mitica Turbigo degli Anni Cinquanta che ha accompagnato la sua gioventù….
HANNO SCRITTO DI LUI
Giancarlo Colli era nato a Malvaglio da genitori milanesi il 13 settembre 1931. Crebbe nel piccolo centro rurale circondato da contadini, boschi e acque, che ispirarono i suoi primi disegni. Studiò Pittura e Scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Sin dal 1962 tenne mostre personali in molte città italiane vincendo premi importanti. Sull’attività artistica di Giancarlo Colli hanno scritto in tanti, noi ne riprendiamo alcuni:
Luciano Prada: “Figlio naturale del Ticino, dei suoi boschi, delle sue acque, delle sue insidie, dei sui rumori, delle sue occasioni…figlio della sua gente (…) La sua pittura è soda, severa, di perpetuata tensione, irta come un carciofo dalle mille punte. Ma amorosa in sé (…) Colli come un enorme e rabbioso ramarro schizza fuori negli Anni Sessanta, tra una pittura tonale e un po’crostaiola, allora esistente, e l’informel, che era l’espressionismo ambiguo della non-figura. La spinta retrostante era quella di un realismo turgido, parzialmente politicizzato (…) Il suo grande menabò esistenziale iniziava allora: Dipingeva per sequenze: la vita nei campi, i paesaggi di cemento, i cimiteri, le automobili, i bambini soffocato dalla città, le coppie sorprese, le periferie, le crocefissioni, fino al più attuale ciclo sulla violenza. Fino agli ultimi grandi ‘affreschi’ popolari, dilatati poderosamente nella misura di impavidi ‘murales’(…) Una volta o l’altra Colli mi confesserà: ‘Stanotte è stato qui Munch, e mi ha detto bravo’. Ebbene io, quel giorno, non mi sorprenderò.
Mario De Micheli: “E’ un artista che possiede energia, capacità espressive, autenticità, ispirazione”.
Vittorio Sereni: “Rispetto agli usuali schemi della protesta la sua arte si differenzia in una caparbia istigazione a specchiarsi in ciò che stiamo diventando, singoli e collettività, o che poco a poco persino inavvertitamente, siamo diventati”.