Una tesi di laurea (elaborato scritto di baccalaureato) ha riscoperto la figura di don Giuseppe Saibene, come tipica di un prete del secondo dopoguerra, ispiratrice del ‘Mondo Piccolo’ di Giovannino Guareschi. Il personaggio, che fu parroco di Nosate (1938-1975), fu disegnato da chi scrive sulla rivista ‘Contrade Nostre’ alla fine degli anni Settanta utilizzando documenti che furono messi a disposizione allora dal nipote Felice Saibene. Qui sotto pubblichiamo la parte dell’elaborato riguardante il parroco nosatese:
FACOLTÀ TEOLOGICA DELL’ITALIA SETTENTRIONALE
MILANO – Anno Accademico 2008/2009
SEZIONE DEL SEMINARIO ARCIVESCOVILE DI MILANO
VENEGONO INFERIORE
ELABORATO DELLO STUDENTE:
DE BERNARDI MARCO dal titolo:
DON CAMILLO E I PRETI DI GUARESCHI
Tratti di una figura di prete nel secondo dopoguerra italiano a partire dalla testimonianza letteraria di Giovannino Guareschi
DON GIUSEPPE SAIBENE
“Gilbert Ganne, il giornalista francese che, nel 1953, arrivò in Italia per raccontare il mondo di Guareschi. Il 9 giugno pubblicava un suo reportage dal titolo A Nosate a la recherche de Peppone et don Camillo. Nosate è un piccolo centro in provincia di Milano, sdraiato nella piana in riva al Ticino, tra il canale Villoresi e il Naviglio Grande. Negli anni Cinquanta vi faceva il parroco don Giuseppe Saibene, che il giornalista francese dipinse come un prototipo di don Camillo. L’articolo era zeppo di episodi che somigliavano a quelli raccontati da Guareschi in Mondo piccolo. Tutti incentrati sulla rivalità tra il prete e il sindaco comunista, Giuseppe Giudici” (51).
In Francia i racconti del pretone della Bassa stavano facendo furore e, dal punto di vista giornalistico trovare un possibile don Camillo in carne ed ossa era un affare. Ganne aveva trovato il suo soggetto e il sacerdote era tutt’altro che reticente. Si sentiva ritagliata addosso la tonaca del pretone della Bassa. Ne aveva il fisico, lo spirito e il coraggio. Poteva persino vantare la frequentazione di Guareschi. Aveva una certa confidenza con lo scrittore che vedeva benevolmente don Saibene entrare e uscire a suo piacimento dalle pagine dei suoi racconti.
«Il parroco di Nosate non era il prototipo di don Camillo. Però poteva essere il prototipo dei prototipi. Uno dei sacerdoti che, a buona ragione, potevano pensare di essere parenti stretti del pretone guareschiano. (52)
La vita di Don Giuseppe Saibene è stata quella di un prete ambrosiano di campagna: dall’umile lavoro nella bottega di un calzolaio, al seminario, alla attività di coadiutore a Cassano Magnago e, infine, a Nosate, come Parroco, per il resto della vita.
“Una vita serena, vissuta in libertà è quella che abbiamo potuto ricostruire anche basandoci sugli scritti che di lui rimangono. Sono pochi e per la maggior parte canzoni in dialetto che dedicava agli sposi novelli o che servivano ad animare ricorrenze o raduni ai quali intendeva attribuire un significato preciso sempre in qualche modo legato alla sua missione religiosa. Di tendenza filomonarchica e anticomunista; nelle elezioni politiche del 1948 lo ritroviamo in prima linea a combattere i narigiatt”. (53) e (54)
Giuseppe Saibene nacque il 24 giugno 1904 a Veniano, un piccolo paese in provincia di Como, maggiore di 13 fratelli, passò i primi anni tra le difficoltà economiche della vita contadina agli inizi del secolo. Dopo i quattro corsi elementari frequentati a Veniano ed il quinto ad Appiano Gentile, indossò l’
abito talare benedetto dal Cardinal Ferrari, iniziando così la formazione in seminario.
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Come di consuetudine per il clero milanese, frequentò i quattro corsi ginnasiali nel seminario di San Pietro Martire, a Seveso, il quinto corso, invece, nel collegio Pio XI a Desio. Successivamente passò gli anni liceali nel collegio S. Ambrogio di Porlezza, due corsi di teologia nel collegio Rotondi di Gorla Minore, il terzo come prefetto nel seminario di Monza e
l’ultimo nel seminario Maggiore a Milano, in Corso Venezia. Ordinato sacerdote dal Cardinal Schuster il 14 giugno 1930, venne assegnato alla parrocchia di S. Maria del Cerro a Cassano Magnago. Qui svolse la sua attività come coadiutore ed assistente nell’Oratorio giovanile. Nell’ottobre 1938 divenne parroco di Nosate, dove visse fino alla fine dei suoi giorni avvenuta il 25 settembre 1975.
Nel fascicoletto stampato in occasione del XXV anniversario di ministero parrocchiale a Nosate avvenuto il 1° settembre 1963, si ritrova
scritto:
«Che fece in 25 anni don Giuseppe a Nosate? Niente, risponde il Curato e aggiunge: Come prima, ancora adesso, tutti santi: santi, come il Sambuco , come il San…guignolo e via dicendo» (55)
Don Giuseppe scriveva, prediligendo il dialetto perché sapeva di trovare lì le parole giuste per farsi intendere da tutti. Scriveva le prediche importanti, le commemorazioni, i panegirici nella lingua della sua «gente», della gente della bassa varesotta e milanese.
Erano gli anni del dopoguerra e in Italia furoreggiavano le figure inventate da Guareschi: la DC era vincitrice assoluta nelle elezioni del ‘48, mentre a Nosate vinceva il Fronte popolare con il simbolo di Garibaldi sulla scheda.
Don Giuseppe si attenne strettamente a quanto affermato dalla autorità ecclesiastica circa il sostegno da parte dei circoli cattolici alla Democrazia Cristiana. La sua azione, infatti, era precisa e finalizzata a sostenere la lista cattolica di Nosate. Anche in questo, a don Giuseppe piaceva proprio il verismo del suo amico Guareschi, don Camillo e Peppone incarnavano il suo stile di vita. Ma, a onor del vero, incarnavano lo stile di molti altri parroci e sindaci del nostro Paese!
NOTE
51 – A. GNOCCHI, Don Camillo & Peppone, l’invenzione del vero, 78-79
52 – A. GNOCCHI, ibidem
53 – Narigiatt è un termine del dialetto milanese che ricorda molto da vicino il vocabolo coniato da Guareschi per indicare i comunisti:trinariciuti.
Scrive Guareschi: «Questa faccenda della terza narice è riconosciamolo una trovata grafica notevolissima in quanto permette di definire un tipo e una mentalità col semplice ausilio di un buco, piccolo buco il quale, praticamente, si risolve in un circoletto di rapidissima messa in
opera.
[…] nel mio concetto base, la terza narice ha una sua ragione completamente indipendente dalle altre due: serve di scarico in modo da tener sgombro il cervello dalla materia grigia e permette nello stesso tempo l’accesso al cervello delle direttive di partito che, appunto, debbono sostituire il cervello. Il quale cervello, lo si vede, appartiene oramai ad un altro secolo. […] Naturalmente la terza narice non è una strettissima prerogativa delle sinistre: io credo che ce ne siano molte altre, distribuite un po’in ogni dove. Il guaio è che sono ancora tappate per motivi prudenzialio altro e non si vedono ancora
1947).
54 – G. LEONI, Don Giuseppe Saibene, opuscolo celebrativo del paese di
Nosate, in Contrade Nostre, (fuori commercio).
55 – G. LEONI, Contrade Nostre, 7,
FOTO Gilbert Ganne (qui insieme a don Giuseppe Saibene), il giornalista francese che, nel 1953, arrivò a Nosate alla ricerca dell’ispiratore di Giovannino Guareschi individuato nella figura del parroco di NosateDon Giuseppe Saibene