Una decina di anni fa, quando eravamo intenti a scrivere ‘Le Battaglie del Ticino’ fummo contattati dal dottor Sergio Tacchi, allora psicologo all’Asl di Castano Primo, il quale aveva rinvenuto un libro stampato a Parigi (ma di cui esiste copia nella biblioteca di Gallarate) che dice:
“Il 31 maggio 1800 (11 pratile, anno VIII del calendario repubblicano allora il vigore) ci fu la distruzione del villaggio di Turbigo che allora contava circa 700 abitanti. Il paese, nel quale erano convenute le truppe austriache, fu assediato dai Francesi provenienti da Novara e diretti a Milano. Ci fu una grande battaglia con centinaia di morti da entrambe le parti (,,,)”.
Fu allora che il dottor Sergio Tacchi ci mise a disposizione il libro così titolato: “Descrizione genuina della memorabile battaglia di Turbigo – scritto da un testimonio oculare abitante in quel desolato villaggio” che descriveva dettagliatamente il combattimento tra Francesi e Austriaci e il rischio che corse il console Bonaparte, colui che sarebbe diventato, qualche anno dopo, l’imperatore dei Francesi, in quanto una bomba gli scoppiò a pochi passi.
L’evento del 31 maggio 1800, durante il quale ‘Turbigo fu messo a ferro e a fuoco’, era noto in quanto il parroco Pietro Bossi (1844-1891) ne aveva parlato nel suo ‘Cronicon’ dove stigmatizzava questi “Francesi sempre fatali alla nostra Italia” (un giudizio negativo sulla ‘rivoluzione’dei cugini d’Oltralpe), proprio perché quando si insediò a Turbigo fu messo al corrente degli atti di violenza subiti dalla popolazione turbighese nel maggio 1800. Ma, al tempo, non si sapeva del rischio che corse il Primo Console nel Bosco Vedro (Cavaoss) quando partecipò alla battaglia con i Tedeschi. Due conferme sull’augusta presenza si sono aggiunte nel tempo: quella di un camparo di Galliate che scrisse nel suo diario di aver visto il Bonaparte sulla riva destra del Ticino mentre si apprestava a recarsi sul luogo del combattimento e quella di un avvocato di Novara, Francesco Antonio Bianchini, il quale, in una sua opera stampata nel 1828, racconta dell’arrivo a Novara di Napoleone nella mattinata del 31 maggio 1800 a palazzo Bellini dove incontrò l’Amministrazione civica e poi, dopo un’ora di riposo, si diresse al Ticino.
Da qualche anno l’associazione risorgimentale turbighese guidata da Daniele Solivardi – grazie anche ad internet – ha approfondito con documenti d’archivio le vicende che portarono Napoleone sulla riva sinistra del Ticino, sull’attraversamento del fiume avvenuto all’altezza del Molino del Pericolo (documentata dalla presenza di pali conficcati nell’alveo del fiume, recentemente individuati da Cristian Nespoli e datati con il carbonio 14 all’inizio dell’Ottocento – foto), sullo scontro furente avvenuto tra Francesi e Austriaci sul ponte del Naviglio Grande rievocato per la prima volta l’anno scorso (foto) e che potrebbe diventare una tradizione turbighese, documentato da una ricerca storica attualmente in corso di pubblicazione.
Tutti partono dal punto in cui altri sono arrivati e il motivo di questo scritto è anche quello di ricordare il lavoro appassionato del dottor Sergio Tacchi – del quale abbiamo perso i contatti – in quanto fu il primo a indicare – quello del 31 maggio 1800 – un evento degno di essere tramandato oltre, ovviamente, al “testimonio oculare abitante in quel desolato villaggio” e al turbighese Giovanni Baga che ne ha ricostruito la storia qualche anno fa,