Quando eravamo intenti a tratteggiare la figura e l’opera dell’ingegner Francesco Bronzini di Oleggio (collega di Angelo Omodeo), spulciando negli archivi ci capitò in mano una lettera ’riservata alla persona’ che l’ingegner Angelo Omodeo (Via Cerva, 35 – Milano) scrisse all’onorevole Filippo Turati, deputato al Parlamento, suo amico e il procinto di essere nominato ministro (nomina che non avvenne). La lettera, datata 7 giugno 1921, tratteggia le prime idee sulle bonifiche che saranno realizzate nel Ventennio, ma disegna anche il clima del momento, per cui essendo molto lunga e sicuramente inedita, la pubblichiamo in diverse puntate. Quello che ha meravigliato chi scrive è la profondità del pensiero di Omodeo e la sua attualità. Nonostante sia stata scritta un secolo fa il problema è sempre quello: “Rifare l’Italia che da nazione europea più povera dovrà gareggiare con tutte le altre”.
“ Caro Turati,
giacché a quel ‘Rifare l’Italia’ a cui spesso ti riferisci nei tuoi articoli e nelle tue interviste, per additarlo come un riassunto del tuo programma immediato politico ed economico, e siccome vi ho portato il mio contributo di tecnico che tu affettuosamente amplifichi ed elogi, permetti che aprendosi la nuova legislatura la quale dovrà affaticarsi intorno al problema del riassetto del Paese, io ti ridica e ti precisi in proposito il mio pensiero.
Avrei desiderato intrattenermi a lungo con te (discutendo e vagliando le idee), ma non è stato finora possibile e temo che ormai non possa essere più possibile, quindi ti scrivo. A questo proposito però, prima di esporti tutto il mio pensiero sul Programma, è necessario che lo esprima sulla Persona che ritengo più indicata ad attuarlo, perché i programmi valgono poco se mancano o vengono meno le persone. Filippo Turati per ingegno, per preparazione, per senso politico, per intuito mirabile, per dirittura morale, per larga simpatia e consenso quasi unanime, è l’Uomo del momento. Ma Filippo Turati non sa organizzare e utilizzare tutte le forze di cui dispone, amici compresi, per cui le forze stesse non coordinate o non dirette opportunamente, vengono a costituire un poligono chiuso, un sistema staticamente magari mirabile, ma dinamicamente poco efficace.
Quando ti vedo perdere la maggior parte del tempo in una serie di pratiche piccole!, minute!, noiose, spesso estenuanti ed inutili o quasi, mentre l’Italia attende di essere rifatta, mi cadono…le braccia.
Direi che dedichi il 95% della tua fatica a cianfrusaglie (tutto è relativo alla persona): raccomandazioni di uomini e di cose, presentazioni idem idem, pratiche diverse che vanno dal passaporto a altre prestazioni buffoniane, disoccupati, profughi, Prefetti e Filippetti relativi, Cassa di Risparmio, Umanitaria, Giunta delle Elezioni…
Come vedi metto tutto in un fascio, perché le piccole cose anche serie, per te, dato l’enorme altro lavoro che ti attende, rappresentano una pura perdita. Il 5% di fatica che ti rimane è destinata al Programma, al lavoro politico degno di un uomo di Stato, ed anche questo cinque per cento è ritagliato fuori a spizzico, con l’assillo delle altre occupazioni che sembrano più urgenti e pressanti, appunto per le pressioni dei piccoli interessi che significano: e con questa sensazione fondamentale che mi sembra di intravvedere in te, che tutto quell’altro è lavoro vero!, mentre quest’ultimo è una specie di lusso domenicale. L’altra sera, dopo una giornata del genere, mi hai confidato di essere sul punto di piangere per la stanchezza. Che ciò possa avvenire in momenti come questi e ad un uomo come te, per eccesso di condiscendenza, per bontà d’animo verso i seccatori…per incapacità ad organizzarsi la vita è estremamente (?).
Se io nel mio piccolo, e nel mio lavoro professionale avessi adottato un metodo analogo, ti assicuro che non sarei finora riuscito ad eseguire un solo impianto. Chi ha funzioni direttive, deve dare le direttive, coordinare, comandare, non scendere al dettaglio, non eseguire, non perdersi nelle minuzie: direi quali, che non deve neppure ‘studiare’, ma commettere ad altri singoli, cimpetenti, specialisti, lo studio delle diverse questioni. Se diventi ministro e non cambi metodo, in un mese ti esaurisci senza nulla concludere.
RIFARE L’ITALIA. Venendo al tuo ‘Rifare l’Italia’ ed alla parte strettamente tecnica che mi riguarda, essa risente di questa fretta e di questa mancata elaborazione. Il tecnico è spesso troppo assoluto, troppo specialista, troppo amante della sua materia, talora l’entusiasmo lo trascina, e se non è un entusiasta i paraocchi della specializzazione lo fanno esclusivista.
Un tecnico puro non può essere un uomo politico. Sta all’uomo politico di vagliare, di scegliere, elaborare, coordinare, riassumere e concludere. E se ciò per ‘Rifare l’Italia’ non è stato fatto non è colpa mia. Io ho cercato, infatti, di farti conferire con tecnici competenti; io ti ho pregato di convocare gli amici per discutere con loro; io avrei voluto organizzarti una specie di ufficio di consulenza permanente, ma…invano. Cerco quindi di fare da solo e di passare al vaglio me stesso. Dove io posso con qualche competenza e con maggiore conoscenza di causa dire la mia parola e nel programma di ricostruzione, e dico meglio, in una parte del programma di ricostruzione. Ma non è possibile ricostruire senza sbarazzare il terreno dei ruderi, senza conoscere le forze di cui si dispone, senza tener conto dell’ambiente e degli elementi affini o nemici, dello stato attuale delle cose, e delle ragioni che ad esso hanno condotto. Ed è in questo campo che mi sostituisco e con poca competenza invero, alla critica e alla collaborazione mancata, limitandomi nel tracciare il quadro doloroso in pochissime linee, che però a mio avviso sono le fondamentali, e attorno alle quali possono facilmente essere tracciate le altre.
In primis et ante omnia dovendo operare in questa nostra povera Italia, cerchiamo di conoscerla il meglio possibile. Il non conoscerla è il torto massimo dei nostri amici, i quali, dimenticando le origini (la base del socialismo è l’economia) fanno, in tutte le loro speculazioni, astrazione completata delle condizioni economiche e naturali del Paese. Già tanto i riformisti che gli altri, anzi peggio i riformisti che gli altri, giacché gli altri hanno i principi che li giustificano. Pure avendo il gruppo parlamentare socialista (nonostante il bassissimo livello medio intellettuale e oserei dire anche morale)alcuni pregi rispetto agli altri gruppi, in questa materia è assente, digiuno, assolutamente lontano dalla realtà, per cui la sua tattica e la sua azione sono quasi sempre più nocive che utili agli stessi fini che vorrebbe proporsi. Non ti parlo dell’Avanti!, vorrei parlarti invero, se tempo ci fosse, della Confederazione del Lavoro e dei progetti di legge tipo Umberto Bianchi!”
1 – continua