Ci ha lasciati, a 102 anni, Afro Bettati, sindaco di Brescello dal 1951 al 1970, il paesino nella provincia di Reggio Emilia che ospitò le riprese dei film della saga di ‘Don Camillo’, le pellicole che vengono trasmesse ancora oggi, tratte delle opere di Giovannino Guareschi.
Il sindaco Bettati fu il regista dell’accoglienza della troupe della Cineriz con le sue decine di lavoratori, fra cast e personale di ripresa.
Chi lo ha conosciuto – ha scritto un lettore de ‘Il Giornale’, Antonio Cascone – è sempre stato convinto che Giovannino Guareschi si fosse ispirato proprio a Lui. Poco importa se quello dei racconti era comunista e il vero sindaco di Brescello socialista. Bettati aveva sfidato il partito comunista che non voleva che si girasse quel film a Brescello perché lo ritenevano anticomunista e aveva invitato la popolazione a boicottarlo. Ma Afro non si lasciò intimidire dai ‘compagni’ e il 3 settembre 1951 fece affiggere un manifesto (diventato famoso) sui muri del paese invitando i cittadini a dare il meglio di sé nei confronti della troupe e dei suoi protagonisti, Gino Cervi e Fernandel. La storia gli diede ragione: Brescello in poco tempo divenne una meta turistica.
L’ALTRO PROTAGONISTA DEL ‘MONDO PICCOLO’ ‘Pin da Venian’ (Veniano, paesino in provincia di Como), parroco di Nosate (1938-1975), aveva la passione della politica, come scrive Franco Bottelli di Cassano Magnago in una lettera pubblicata su ‘La Prealpina’ dell’8 settembre 2018:
“Io, Franco Bottelli, classe 1929, ricordo benissimo don Giuseppe che mosse i primi passi come ‘Cugitur’ a Cassano Magnago quando facevo il chierichetto. Il Don non disdegnava una partita a carte al Circolo e, se era periodo di caccia, andava al capanno prima della funzione del mattino presto. Parlava apertamente di politica e le famiglie facoltose del luogo lo denunciarono alla Curia perché avevano paura che creasse scompiglio con le sue idee troppo liberali tra i parrocchiani. Fu così che lo trasferirono nel piccolo paese di Nosate. Ma l’amicizia che ci legava rimase. Con altri amici, in diverse occasioni lo incontrammo. Ci raccontò che aveva conosciuto Guareschi e lo fece conoscere anche a noi. Le sue esperienze di sacerdote le aveva raccontate allo scrittore il quale aveva tratteggiato così la figura di ‘Fumino’ e quella del parroco di campagna ‘che in quel di Nosate si scontrava spesso con il sindaco di allora’. Non ho dubbi. Don Camillo nel modo di fare e di vivere descritto da Guareschi e il mio mai dimenticato amico don Giusepp”.
L’archivio parrocchiale nosatese conserva una tale ricchezza di ricordi e dattiloscritti da riuscire a far rivivere il paese negli Anni Cinquanta del Novecento. Acute osservazioni, tipiche di chi vuol trasmettere un certo clima politico, pagine animate da osservazioni sulla religiosità popolare, inframmezzate da pesanti giudizi politici su quelli che lui chiamava ‘rossi’.
C’è anche una folta documentazione della sua frequentazione con Giovannino Guareschi che veniva a pasteggiare alla Cà di Barc sul Ticino, per raccogliere dalla viva voce del parroco aneddoti e fatti che avrebbero animato le sue storie pubblicate sul Candido e nei suoi libri di successo del ‘Mondo Piccolo’. Guareschi andava sul campo, dai suoi amici – parroci di paese – per sentirne il polso nello scontro frontale tra cattolici e comunisti del secondo dopoguerra.
Per dare la misura del ‘fuoco mediatico’ (si direbbe oggi) ricordiamo solamente l’intervista che il giornalista francese Gilbert Ganne fece a don Giuseppe, la quale fu pubblicata su Les Nouvelles Littéraires artistiques et scientifiques del 4 giugno 1953 che fu ripresa successivamente da Marie Claire e da altri giornali tedeschi. L’intervista tradotta in italiano è stata pubblicata su Contrade Nostre. Infine, la cartolina del giornalista che, contraccambio gli auguri, aggiunge: “Ho visto Fernandel e gli ho mostrato la vostra lettera. Il mese prossimo parlerò di Voi in pubblico, durante alcune conferenze che sto facendo in Francia su don Camillo (…)”.