TURBIGO – Mentre portiamo in giro il nipote Fede in carrozzina incontriamo sull’alzaia del Naviglio Grande un compagno del tempo che fu, con il quale non parlavamo da cinquant’anni, limitandoci a scambiarci un cenno di saluto. Tipo tranquillo, con M. non sono necessari i convenevoli: ci siamo sempre visti e riconosciuti. Ricordo una sua foto (qui pubblicata) mentre era intento a pescare nel Naviglio davanti a casa di mia zia Maria – che lui ricorda con parole affettuose, insieme al marito Giacomo – e poi comincia a parlare manifestando una profondità di pensiero inaspettata. Ci parla dei Camuni (uomini della pietra che hanno lasciato centinaia di rocce istoriate in un periodo di circa ottomila anni, dalla fine del paleolitico sino alla conquista romana) che diedero il nome alla Valcamonica, località dalla quale proveniva sua madre, mentre il padre da Spirano (Bergamo) arrivò a Turbigo un secolo fa trovando asilo nella ‘Curt Fabrica’.
Ha 67 anni, non ha mai avuto un raffreddore e non credo abbia mai fatto un vaccino. Uomo del Ticino si è sempre divertito a prendere gli ‘smilord’ con le mani. Purtroppo, adesso – ci dice – non ha più la scaltrezza necessaria e recentemente è stato beccato da uno di questi ‘smilord’, parola che Google registra come esistente solo nel dialetto turbighese. Anche Lino Braga nel suo ‘Sillabario’ la cita e la classifica come corrispondente a Biacco, Milordo, Orbettino. Niente di più.